domenica 5 gennaio 2014

Il femminismo ai maschi

Ho trovato un un blog molto interessante che si chiama "soft revolution- ragazze che dovrebbero darsi una calmata", è una rivista on line curata da persone che cercano di fare la rivoluzione giorno dopo giorno. Vi rigiro questo articolo di Alessandro Lolli. E' un estratto, secondo me più significativo, ma se lo volete leggere tutto cliccate QUI




Al liceo lessi uno scritto di Malcolm X che incitava i bianchi a farsi da parte nella lotta dei neri. Questo perché i neri devono essere il soggetto sociale della propria liberazione e non l’oggetto di un riconoscimento o peggio di una tolleranza. Se i bianchi vogliono rendersi utili alla causa, che parlino con gli altri bianchi della segregazione, che diffondano lì le nostre tesi, ma che non provino a calarci dall’alto l’ennesima lezione.
Faccio questa premessa per due motivi: il primo è per scusarmi. Di solito evito di intervenire nel dibattito femminista, benché gli studi di genere mi interessino molto, per non cadere nell’errore del soggetto privilegiato, ed eventualmente oppressore, che insegna al soggetto oppresso come liberarsi. Il secondo è che vorrei raccontare quello che succede a parlare di femminismo da maschio ai maschi. Mi è capitato e mi capita di entrare in argomento e definirmi antisessista, o più provocatoriamente femminista, e quasi sempre mi si rivolge la stessa accusa: vuoi scopare.
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Alcuni possono pensare che la gabbia del genere sia un dispositivo che agisce principalmente sulle ragazze, che siano loro le poverine che vengono indotte a diventare ballerine, fanatiche dello shopping e brave casalinghe, mentre i ragazzi ricevono una dotazione di buone qualità neutre. Invece, lo schifo che ci consegna la nostra educazione sentimentale, quella pensata per i maschietti, è forse peggiore, perché più violento e meno incline alla remissione. Essere di mentalità aperta non basta. Capire qual è la cosa giusta neanche. Bisogna scovare dentro noi stessi i nuclei emozionali che ci spingono a provare sentimenti cattivi, le scorie di un discorso dominante che non condividiamo ma che ha messo casa in di noi. Spazzarle fuori dalla porta non è facile, io non ci sono ancora riuscito. È un percorso fatto di evitamenti, ricadute, momenti riflessivi e fughe in avanti. Ma nel quale dobbiamo sempre riconoscere quali idee sono in accordo con la nostra persona e quali sono figlie di qualcosa che non siamo.
Non dico di essere femminista per scopare, né con, né attraverso le femministe. Non lo dico neanche per essere genericamente vicino alle donne, per avere a cuore un problema sociale. Sono antisessista perché mi sembra l’unica via d’uscita da una schizofrenia che ha infettato anche me. Perché, se c’è qualcuna che è stata incatenata alla figura della principessa, qualcun altro è stato convinto di essere l’unico, buffissimo, ridicolo principe azzurro.
Illustrazione di Marta Baroni.

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