lunedì 2 aprile 2012

Il timbro dell'architetta

Oggi ho ricevuto il bollettino per pagare l'Ordine degli Architetti di Roma, Albo al quale sono iscritta, essendo architetta. Mi sono ricordata di una vicenda che vorrei riportare qui.
Nel novembre 2009 ho fatto richiesta al suddetto Ordine per avere il mio timbro con su scritto architetta Nicoletta Salvi, invece della dicitura architetto. La richiesta è stata rigirata al Consiglio Nazionale il quale mi ha risposto in questo modo:
"Pur essendo da più parti, sia in ambito nazionale sia europeo, sollecitato l'uso non discriminante dei titoli professionali in riferimento alle donne, utilizzando forme al femminile o creandone di nuove ove queste non fossero già disponibili (cfr. il testo dello studio Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana svolto nel 1987 da Alma Sabatini per la Presidenza del Consiglio dei Ministri), allo stato attuale sulla base di quanto previsto all'art.15 comma 3a del  DPR 328/2001 non risulta consentita l'indicazione, nei documenti rilasciati dall'Ordine, di un titolo professionale diverso da architetto".
Io mi sono andata a vedere questi due documenti ed in effetti ho constatato come nel primo ci sia chiaramente scritto che il titolo di architetto al femminile si dice architetta (pag. 118 del testo Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana), mentre nel secondo si legge che per chi si iscrive all'Albo spetta il titolo di architetto.
Ora, mi sembra che qui vada fatta una riflessione: il testo di Sabatini è antecedente al DPR 328 e dà delle disposizioni molto precise, analizza tutte le professioni e scrive a chiare lettere come dovrebbero essere declinate. L'obbiettivo, altrettanto chiaro e declamato è quello di non discriminare le professioniste rispetto ai professionisti ed in generale le donne rispetto agli uomini. (Vi consiglio di leggerlo, è inserito tra i testi da leggere nella colonna a destra della home page) Quindi: esiste la parola architetta.
Invece il DPR è un semplice decreto che introduce "...modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonche' della disciplina dei relativi ordinamenti". Voglio riportarvi l'art 15 in questione, non per dilungarmi, ma per farvi entrare un pò nell'ottica. Recita: 
 Art. 15.
Sezioni e titoli professionali
1. Nell'albo professionale dell'ordine degli architetti, che assume la denominazione: "Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori", sono istituite la sezione A e la sezione B.
2. La sezione A e' ripartita nei seguenti settori:
a) architettura;
b) pianificazione territoriale;
c) paesaggistica;
d) conservazione dei beni architettonici ed ambientali.
3. Agli iscritti nella sezione A spettano i seguenti titoli professionali:
a) agli iscritti nel settore "architettura" spetta il titolo di architetto;
............segue................
Come vedete il decreto non ha una valenza di genere, ma analizza semplicemente le procedure per iscriversi agli ordini professionali, le prove di ammissione, le sezioni all'interno degli ordini....etc etc. Ed essendo scritto come un normalissimo decreto è scritto tutto al maschile. Ma non perchè non si possa usare la parola architetta, semplicemente perchè tutte le leggi in Italia sono scritte al maschile! Questo non vuol dire che le donne sono escluse, semplicemente viene usato il maschile come un neutro.

Il fatto di usare il maschile come neutro è secondo me sbagliatissimo perchè esclude la presenza delle donne nel mondo a livello mentale, di linguaggio e sottile e come conseguenza le esclude anche nella vita pratica. Io mi sono sempre battuta per cambiare questa usanza. A volte mi sbilanciavo sulla provocazione: "tutti i cittadini devono pagare le tasse!" io no, perchè sono cittadina! "tutti gli studenti iscritti devono presentarsi il giorno tot...." io no perchè sono studentessa!  "i pazienti del dott. Tale sono pregati di..." io no perchè sono una paziente! e cosi via. Mi sono sempre state rivolte le solite critiche: "come sei pesante, come sei puntigliosa, si usa il maschile però si intende maschile e femminile, non ti preoccupare, tu non sei esclusa nei fatti, è solo per comodità, per non stare sempre a scrivere o/a, gli/le....."
Se l'articolo l'avessi scritto io, l'avrei scritto cosi:
a) agli/alle iscritti/e nel settore "architettura" spetta il titolo di architetto/a;
E sicuramente mi avrebbero detto: "ma non si può, lo vedi com'è pesante questa scrittura? tutte quelle barrette, come sono brutte! è più comodo scrivere tutto al maschile......tutto al femminile? no, per carità, facciamo tutto al maschile che è meglio, non ti preoccupare che poi comunque si capisce lo stesso che è riferito a maschi e femmine, tu sei tutelata come donna, hai gli stessi diritti, no? ancora con questa storia del femminismo?"
Ok. Le leggi, anche se sono scritte in maniera spesso pesante, ripetitiva e mai "alla buona" per comodità, sono però scritte tutte al maschile. Ok.
Però adesso come la mettiamo con il mio timbro? Tornando alla risposta del Consiglio, mi viene detto che "....non risulta consentita l'indicazione diversa da architetto". E' una presa in giro? E mi vien da ridere leggendo che "...da più parti, sia in ambito nazionale sia europeo, è sollecitato l'uso non discriminante dei titoli professionali in riferimento alle donne, utilizzando forme al femminile o creandone di nuove ove queste non fossero già disponibili...".  
Io sono una ARCHITETTA, voglio il mio timbro, con il mio nome, il mio numero di iscrizione, con il mio titolo, quello che mi SPETTA.
Faccio appello a tutte le architette dell'Ordine di Roma o di Italia, uniamoci e pretendiamo il titolo che ci spetta, quello di architette (e per favore non mi venite con la solita storia delle tette.....vedi testo della canzone VAI nella barra a destra della home page).




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