mercoledì 2 maggio 2012

Il femminicidio in Italia

Manco a farlo apposta dopo l'Argentina adesso anche in Italia se ne parla. Che bello. Oddio, c'è poco da essere allegre, qui si parla di gente uccisa. Siamo a quota 55 dall'inizio dell'anno. 137 l'anno scorso, 127 due anni fa. (vedi il bollettino di guerra nella homepage)
Donne uccise dai loro compagni, fratelli, mariti. Ieri la rete Tilt, rete di collettivi e singoli di sinistra, ha  organizzato un flash mob davanti a Montecitorio per denunciare l'ennesimo omicidio nei confronti di una donna e per sollecitare la politica ad impegnarsi attivamente nella prevenzione e nel contrasto a questo fenomeno ancora ignorato. "Si tratta di una pratica violenta di matrice non patologica, ma culturale. Il nome che la identifica è  femminicidio, neologismo in uso già da anni anche in italia, che indica la distruzione fisica, simbolica, psicologica, economica, istituzionale della donna. Se ne sono accorte tutte le istituzioni internazionali, a partire dall'Onu. Rashida Manjoo, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne in visita nel nostro paese alla vigilia dell'8 marzo scorso, ha ribadito che in Italia ormai si deve parlare di femminicidio".
Il comitato Se non ora quando (SNOQ) ha indetto una petizione dal titolo "Mai più complici", per introdurre il concetto di femminicidio nella cultura e nella politica italiana e perché la tragedia del femminicidio scuota le coscienze, impegni la politica, imponga ai media di non relegare in poche righe "l'ennesimo" assassinio di una donna. Tanta gente famosa sta firmando, ma l'importante è che firmiamo in tante/i.
Il link per firmare la petizione è http://www.petizionepubblica.it/?pi=P2012N24060
Questo il testo della petizione
Cinquantaquattro. L’Italia rincorre primati: sono cinquantaquattro, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo. L’ultima vittima si chiama Vanessa, 20 anni, siciliana, strangolata e ritrovata sotto il ponte di una strada statale. I nomi, l’età, le città cambiano, le storie invece si ripetono: sono gli uomini più vicini alle donne a ucciderle. Le notizie li segnalano come omicidi passionali, storie di raptus, amori sbagliati, gelosia. La cronaca li riduce a trafiletti marginali e il linguaggio le uccide due volte cancellando, con le parole, la responsabilità. E’ ora invece di dire basta e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
E ancora una volta come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Le ragazze sulla rete scrivono: con il sorriso di Vanessa viene meno un pezzo d’Italia. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Vogliamo che l’Italia si distingua per come sceglie di combattere la violenza contro le donne e non per l’inerzia con la quale, tacendo, sceglie di assecondarla. 

A breve sarà indetta anche una manifestazione a proposito. Vi terrò aggiornate/i.

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